I villaggi operai sono un indubbio argomento di fascino nell’ambito dell’archeologia industriale per i loro molteplici aspetti che coinvolgono dalla storia economica a quella sociale, dall’urbanistica all’architettura, dalla scienza della tecnica fino alla geografia. In Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del secolo seguente i villaggi operai si diffondono nel nord del Paese dove all’industrializzazione si accompagna il forte movimento migratorio dal sud e dall’est verso il nord ovest alla ricerca di quel personale necessario per far fronte alla crescente richiesta di operai. Non è un caso che la loro diffusione avvenne nel nord Italia, in particolare in Piemonte, Lombardia e Veneto, dove una maggiore industrializzazione, una rete ferroviaria moderna e le vicine e innovative idee d’oltralpe portarono lo sviluppo di cotonifici, lanifici e setifici quali Leumann, Crespi d’Adda in Lombardia e Lanerossi di Schio in Veneto. Alcuni di questi si ispirarono a modelli inglesi e francesi, nati qualche decennio prima. Ne è un esempio il Villaggio Leumann in Piemonte, edificato a fine Ottocento dall’omonimo imprenditore svizzero che si richiamò alla città sociale francese di Noisel, nei pressi di Parigi, costruendo armoniose e diversificate villette con orti e giardini ed edifici per servizi.
UN BREVE EXCURSUS
Via Dalla Chiesa 86 -
24042 Capriate San Gervasio (BG)
fraz. Crespi d'Adda
Il villaggio operaio di Crespi d’Adda, in provincia di Bergamo è dal 1995 tutelato dall’Unesco come “Esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa”.
Via Maraschin/Torrente Leogra I - 36015 Schio (VI)
Notevole esempio di archeologia industriale di fine Ottocento è il complesso abitativo sorto attorno al Lanificio Rossi di Schio nella pianura dell’Alto Vicentino. Lo stabilimento nasce a metà 800 per volere di Francesco Rossi.
Il Villaggio operaio di Panzano è oggi un rione della città friulana di Monfalcone.
Le prime case risalgono al 1908 quando i fratelli Alberto e Callisto Cosulich assunsero le redini della società di famiglia Cantiere Navale Triestino.
Ponzano Magra (SP)
Il Villaggio operaio nasce agli inizi del Novecento quando l’imprenditore genovese Carlo Vaccari inizia la produzione di ceramiche per rivestimenti. La manodopera proviene dalla Toscana e dalle zone limitrofe.
Prende il nome dai Crespi, famiglia di industriali cotonieri lombardi che, dal 1877 fino agli Anni Trenta del ‘900, realizzò su una area triangolare di 60.000 metri quadrati accanto al proprio opificio tessile, lungo il fiume Adda, un villaggio ideale del lavoro, progettato in larga misura dall’ing. Pietro Brunati con probabili apporti di Ernesto Pirovano. A ordinare la planimetria del complesso architettonico-urbanistico di circa 90 mila mq è la strada principale che dal comune di Capriate porta direttamente al cimitero, dividendo il villaggio in due parti, zona abitativa e area industriale. Tre sono i momenti costruttivi ancora oggi individuabili. Il primo, databile tra il 1877-89, era caratterizzato dalla presenza di tre palazzotti operai a tre piani. Il secondo, databile tra il 1889 e il 1899, è quello in cui sorsero tutti gli edifici più significativi. In questo decennio si costruirono le casette igieniche a pianta quadrata, con giardino, di ispirazione inglese, posizionate su una sorta di scacchiera – nel 1907 raggiunsero le 53 unità -, e tutte le strutture assistenziali come la scuola (1890), la chiesa (1891-93), l’ospedaletto, i bagni pubblici, le palazzine del medico e del sacerdote, le case per gli impiegati e il cimitero. Fungeva da guardiano del villaggio il castello padronale che venne eretto nel 1894 accanto alla fabbrica. Al terzo momento costruttivo, tra il 1918-28, si fanno risalire sia i villini dei dirigenti, posizionati in maniera più libera all’interno di un’area verde, sia gli impianti sportivi e il Dopo lavoro.
Nel 1870 il figlio Alessandro vuole un insediamento per la propria manodopera. Affida il progetto del Quartiere operaio al vicentino Antonio Caregaro Negrin. Il complesso abitativo sorge su un’area di 152 mila mq ed è conosciuto come la Nuova Schio. Doveva essere una Città giardino con edifici circondati dal verde, strade e viali ad andamento curvilineo tranne via A. Rossi e via P. Maraschin, poste in senso ortogonale, perché arterie principali. Venne realizzato invece un quartiere operaio a scacchiera simile ai villaggi operai d’oltralpe ad assi rettilinei e ortogonali. Differenti erano le tipologie abitative. Per i dirigenti e i tecnici si edificarono villini signorili, unifamiliari, differenti nello stile e allineati lungo via Maraschin. Gli operai vivevano nella parte più interna del quartiere in abitazioni a schiera, diverse nelle decorazioni, nella cromia e nelle recinzioni. Nel 1890 si potevano contare più di 200 unità abitative per oltre 1500 residenti. Tra il 1872 e il 1890 si costruiscono l’asilo, la scuola elementare, i bagni pubblici, il lavatoio, la ghiacciaia, la chiesa, il teatro e lo spettacolare giardino tardo romantico detto jacquard, che si apre al lato opposto dell’ingresso dell’opificio. Da metà degli anni Novanta la fabbrica è utilizzata da uffici amministrativi, e le restanti strutture sono oggi purtroppo poco leggibili perché scomparse o rimodernate per altre attività. Contemporaneamente un piano particolareggiato di iniziativa comunale stabilisce la salvaguardia e la riqualificazione dell’area, ponendo vincoli in fase di restauro architettonico.
Dal carattere carismatico e deciso Alessandro è un industriale paternalista, contrario alla lotta di classe tanto che licenzia alcuni suoi lavoratori per aver partecipato ad uno sciopero. Ha un’istruzione di primordine e un rispetto particolare per il prossimo. Si racconta infatti che il reparto femminile fosse posizionato al piano più altro della Fabbrica per tutelare le fanciulle dagli sguardi indiscreti e perché fossero più vicine al Cielo. Oggi sulla facciata dell’Asilo campeggia la frase di Cicerone da lui voluta “In puero spes” “La speranza nei giovani” per ricordare che nell’Italia Risorgimentale imprenditori illuminati guardavano già ai moderni modelli abitativi d’Oltralpe.
Tre sono le fasi di costruzione del villaggio. Il primo nucleo detto Corte, per la forma a ferro di cavallo, venne edificato agli inizi del Novecento accanto alla fabbrica con abitazioni a due piani e fortemente gerarchitizzate dove il personale qualificato viveva ai piani alti e in ambienti spaziosi. Sono di quegli anni l’edificio scolastico e così il Refettorio e la Cappella di S. Pia, entrambi questi ultimi non più esistenti, e la grandiosa Villa Vaccari che rimanda a quelle coeve di Gino Coppedè, situata volutamente lontana dal villaggio a sottolineare il controllo della famiglia sulla fabbrica e il villaggio. La seconda fase costruttiva data tra il 1930 e il 1940 quando la produzione è ai massimi livelli. Il vecchio villaggio viene demolito perché non più consono per motivi igienici e per l’aumento del numero di operai. A progettarlo è l’ingegnere Giulio Mazzocchini, che disegna vari edifici che si contraddistinguono in base alla funzione: lo Spaccio aziendale, la Casa dell’operaio, la Palazzina della Dirigenza, la Caserma dei carabinieri, le Poste, il Campo sportivo e il Circolo ricreativo e, non da ultime, le case operaie. Anche in questa seconda fase costruttiva le abitazioni per i dirigenti e gli assistenti sono nei pressi dello stabilimento, mentre quelle degli operai sono più distanti. Il terzo e ultimo momento costruttivo del villaggio risale agli anni Cinquanta con le case INA, (il cosiddetto “Piano Fanfani”), a seguito del boom economico prima della chiusura della fabbrica nel 1972. Questo quartiere, chiamato Corea, venne costruito nel 1954, e composto da tre fabbricati per dodici appartamenti complessivi siti nel comune di Vezzano Ligure. Nel 1950 abitano nel villaggio operaio 250 famiglie per un totale di 1200 abitanti.
Si ringraziano i Comuni, le Associazioni e i privati e tutti coloro che hanno collaborato ai testi e inviato le immagini pubblicate su questo sito. Per alcune immagini non è stato possibile contattare la proprietà, ci riserviamo di farlo a breve.
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